La concentrazione e l’allenamento ideomotorio nelle attività motorie

 Counselor Sistemico Relazionale e Formatore professionista (A.I.F.)

La concentrazione

Cos’è la concentrazione? 
Essere concentrati significa focalizzare la propria attenzione sull’obiettivo che si vuole raggiungere in quel momento, senza distrazioni, senza pensieri estranei. La capacità di 
Emilioconcentrarsi è dunque la capacità di dirigere la propria attenzione sugli elementi determinanti per la prestazione e cioè: obiettivo e mezzi per ottenerlo. Nel campo sportivo i mezzi sono i programmi di movimento (tecniche) che 
l’atleta già possiede e che attiva al momento opportuno quando percepisce i segnali scatenanti, cioè quelle informazioni precise e particolari che il sistema sensorio dell’atleta individua come condizioni di “via!” o di controllo. Esempio: il giocatore di pallacanestro esperto e concentrato percepisce immediatamente da segnalatori molto precisi (sguardo degli occhi, movimento delle mani) quando il proprio avversario in possesso di palla sta passando o tirando e di conseguenza mette in atto il comportamento difensivo 
onde-pensiero
adeguato (es. braccia in alto per impedire il tiro, braccia in fuori per il passaggio). Essere concentrati significa essere attenti ma anche e soprattutto sapere a che cosa essere sensibili cioè a che cosa prestare attenzione. Altri esempi: lo sciatore è molto sensibile all’attrito delle lamine sulla neve che gli viene trasmesso dalle sensazioni di pressione dello scarpone sui piedi e sul collo della gamba (se non sai sciare questo esempio non ti sarà assolutamente comprensibile). 
Il ginnasta o la ballerina di solito è molto sensibile a percepire l’azione fine dei segmenti corporei, sapendo regolare forza ed escursioni spaziali con elevata precisione. Il tiratore di pistola è in grado di controllare al centesimo di millimetro la posizione della sua mano quando prende la mira. Sapere a che cosa prestare attenzione (cioè su cosa concentrarsi) per la buona riuscita dell’azione motoria significa anche allenare la propria sensibilità cioè la capacità di discriminare finemente le variazioni. La capacità di dirigere l’attenzione è anche una questione di volontà e questa è direttamente proporzionale alla motivazione e quindi a quel desiderio interiore che mobilizza energie psichiche e nervose. Infatti senza motivazione, o desiderio profondo di riuscire in una certa cosa, è difficile essere concentrati. 

Quando non abbiamo voglia di fare una cosa è difficile poniamo una attenzione elevata su di essa. La strategia vincente è crearsi delle motivazioni, degli interessi, spiegando a noi stessi perché è importante portare a termine quel compito, affinché si mobilizzino delle energie psiconervose che permettono di applicarci. Questo significa ragionare in termini di vantaggi: “Qual è il vantaggio che ne potrei ricavare nel fare questa cosa?” – è la domanda fondamentale da porsi per automotivarsi (auto-motivazione). 

A volte dei pensieri estranei non permettono di concentraci pur avendo interesse di riuscire in un certo compito. In realtà la parte inconscia della nostra mente ritiene più interessante occuparsi di quei pensieri estranei e quindi si crea un conflitto di interessi tra parte conscia e parte inconscia di noi stessi. Occorre prendere coscienza dei pensieri estranei e già questo ne fa perdere buona parte del loro “potere distraente”; poi occorre capire quali bisogni tenta di soddisfare l’inconscio con tali pensieri con una autoanalisi profonda che presuppone una certa conoscenza di se stessi (autoanalisi).

 Il più delle volte scoprire ciò che ci turba ne scarica notevolmente il potere distraente e anche se il problema non può essere risolto al momento si può far capire alla mente che se ne può occupare in un secondo tempo (esercizio della scatola nera – vedi dispensa “Concentrazione e allenamento ideomotorio”). La concentrazione è favorita anche dall’assenza di stimolazioni non necessarie alla prestazione (distrazioni) quantunque sia molto allenabile anche la capacità di escludere dal proprio sistema percettivo stimolazioni non pertinenti.

 È certamente più difficile concentrarsi in un ambiente rumoroso o con interferenze di altri piuttosto che in un ambiente isolato. Questo significa nello studio non avere distrazioni a portata di mano/vista/orecchio come radio o TV accesi, oggetti di gioco nelle vicinanze ecc. 

Alcuni infatti trovano utile studiare in altri luoghi (es. biblioteca, parco pubblico) dove non ci sono distrazioni. Ma la capacità di concentrarsi è altamente allenabile anche in ambienti distraenti; con la giusta gradualità (proprio come nell’esercizio fisico) partendo da situazioni di isolamento e passando man mano a situazioni con interferenze si può giungere a concentrarsi anche in mezzo al caos più totale.
Adottare inoltre tecniche di rilassamento può aiutare a concentrarsi giacché occorre una certa “pace interiore” per poter focalizzare l’occhio della mente su ciò che si vuole “vedere” con più chiarezza Esiste un esercizio apposito da svolgere proprio quando pensieri estranei non ci permettono di concentraci su un compito: la scatola nera.

Esercizio della scatola nera

In condizioni di rilassamento globale (posizione comoda, ambiente tranquillo) compiere dieci respirazioni lente e profonde ad occhi chiusi. Se ci sono problemi a rilassarsi eseguire una seduta di rilassamento totale  Visualizzate ora casa vostra in un locale o in uno spazio che solitamente avete a vostra disposizione per scrivere o leggere; cercate di percepire bene tutti gli elementi che stanno attorno a voi: mobili, luci, odori, oggetti, soliti rumori,; siate molto vividi in questa visualizzazione; ……………visualizzate ora la poltrona o la sedia su cui solitamente vi sedete …. Cercate di vederne tutti particolari: costituzione del materiale, colori, superficie; …………. arricchite la cosa di sensazioni tattili della vostra mano che vedete accarezzare l’oggetto (voi siete in piedi vicino ad essa nella vostra visualizzazione); ……….. ora sedetevi sulla sedia/poltrona e sentite il movimento del vostro corpo e le sensazioni tattili di contatto unitamente agli eventuali rumori che la cosa produce;……… ora siete comodamente e tranquillamente seduti sulla vostra sedia/poltrona; visualizzate sul tavolo davanti a voi un foglio di carta bianco e una matita; prendeteli in mano e cercate di sentire le sensazioni tattili che tali azioni producono; state visualizzando le vostre mani con il foglio di carta e la matita;……….. ora scrivete lentamente sul foglio di carta il pensiero estraneo che vi sta turbando sintetizzandolo in 2-3 parole al massimo; visualizzate la vostra mano che scrive lentamente il pensiero estraneo con la vostra calligrafia; cercate di percepire le sensazioni tattili di pressione della matita sul foglio oltre che visualizzare la vostra mano; ……………. Terminato di scrivere appoggiate la matita e piegate il foglio in quattro in modo che la scritta non sia più visibile; ………. Ora volgete lo sguardo al vostro fianco e notate per terra una scatola nera delle dimensioni più o meno di una scatola da scarpe;… prendetela e apritene il coperchio; … ponetevi dentro il foglio di carta (continuate ad arricchire la visualizzazione di sensazioni tattili, cinestesiche e uditive) e richiudete la scatola; ………. Ora alzatevi con la scatola in mano e camminate in direzione dell’armadio; giungete ora di fronte ad esso e vedete la mano che lo apre e vi pone dentro la scatola; ……… richiudete l’armadio con dentro la scatola e il pensiero estraneo al suo interno; …. Voltate le spalle, visualizzate la stanza da quel punto di vista (spalle all’armadio) e allontanatevi; sentite il rumore dei vostri passi e le sensazioni di movimento di tutto il corpo, ….. il vostro pensiero estraneo è ora al sicuro e lo riprenderete dopo ……..

L’allenamento ideomotorio

L’allenamento ideomotorio (o visualizzazione) è una tecnica facente parte del mental training (o allenamento mentale) di un atleta, finalizzato all’apprendimento di un gesto sportivo o al suo perfezionamento. Consiste nel ripetersi mentalmente il gesto (senza cioè eseguire realmente il movimento) – in condizione di rilassamento e di concentrazione – “percependosi” molto vividamente con TUTTI i canali sensitivi: visivo interno, uditivo (ritmico) e soprattutto cinestesico (vedi oltre). Il principio su cui si basa è quello affermato da un noto psicologo americano: “La mente non fa differenza tra una esperienza realmente vissuta e una immaginata molto vividamente“. Tant’è vero che nel sogno viviamo l’esperienza come reale pur non avendo alcuna stimolazione sensoriale, cioè non vediamo realmente e non sentiamo con gli altri sensi alcunché eppure crediamo di vivere realmente quell’esperienza. Il successo che nella nostra cultura ha il cinema e la televisione si basa ancora su questo principio: ciò che vediamo suscita in noi sentimenti ed emozioni proprio come se fossimo “in scena” ed è dunque fonte di piacere. Pur sapendo che si tratta di finzione, la nostra mente si abbandona coscientemente all’illusione di vivere realmente l’esperienza scenica. Anche il piacere di leggere un libro, pur con il passaggio della codifica dal verbale-scritto all’immaginato, si basa sullo stesso principio: immaginare molto vividamente una cosa è come viverla realmente.

L’allenamento ideomotorio dunque, con le sue ripetizioni mentali immaginate, è un’esperienza altrettanto utile che la pratica stessa1 e migliora l’apprendimento e il perfezionamento di un gesto motorio. Quando immaginiamo di compiere un certo gesto, inconsciamente i muscoli deputati a quel gesto aumentano il loro tono muscolare (stato di leggera contrazione a riposo determinato dal sistema nevoso centrale) dimostrando come ci sia una preattivazione nervosa solo “pensando” al movimento. Tant’è che negli stati emotivi il tono muscolare generale aumenta (sensazione di pericolo, paura, lotta, oppure euforia ecc) o diminuisce (sensazione di abbandono, rilassamento, depressione). L’aumento del tono muscolare ha la funzione di pre-attivare la contrazione per essere pronti all’azione. La diminuzione del tono muscolare nei momenti di rilassamento svolge il compito di risparmio energetico e di silenziare le sensazioni provenienti dal corpo per porre maggiore attenzione agli stimoli esterni o al lavoro mentale (es. nella meditazione contemplativa). Ma come si realizza l’apprendimento di un gesto complesso?

Gli impulsi nervosi che circolano nel nostro cervello quando viviamo una esperienza motoria (ma non solo motoria) determinano una sorta di traccia del percorso tra le cellule cerebrali che ne facilitano un successivo passaggio determinando quello che chiamiamo apprendimento. Il meccanismo è il seguente. Quando un segnale passa attraverso delle connessioni (sinapsi) tra un particolare gruppo di cellule nervose, esso lascia in qualche modo una traccia in tali connessioni in modo che il passaggio in tempi successivi attraverso le stesse sinapsi sia facilitato. Pertanto, quando nel cervello prende il via un certo programma d’azione (o anche un pensiero) esso lascia una traccia nelle sinapsi utilizzate e ciò rende più facile il richiamo dello stesso programma (o pensiero) in un momento successivo. Questa traccia nelle connessioni tra cellule nervose sembra essere influenzata dalla quantità di passaggi dello stimolo nervoso che determina lo sviluppo (trofismo) dei neuroni dei dendriti, degli assoni e delle sinapsi utilizzati. Quindi questo fa comprendere la funzione dell’esercizio e della ripetizione nell’apprendimento in genere.

Quelli che inizialmente erano sentieri, con l’esercizio diventano delle autostrade.

Perciò se ci ripetiamo mentalmente delle azioni (visualizzazione) è come se le facessimo veramente e quindi è come se ci allenassimo. Per cui possiamo aumentare notevolmente il carico di esercizio per l’apprendimento di un gesto, visualizzando mentalmente le azioni che dobbiamo fare nel compierlo. 1 Ciò non deve essere però travisato: fondamentale è la pratica dell’esercizio; la mancanza di questa rende nulle le possibilità di miglioramento dell’allenamento ideomotorio che deve essere visto come mezzo integrativo (per il perfezionamento) e aggiuntivo all’esercizio pratico. Infatti l’allenamento ideomotorio si focalizza soprattutto sull’aspetto cinestesico (vedi più avanti) che si sviluppa solamente con la pratica. Dunque memorizzare un gesto molto complesso che non si sa eseguire e ripeterlo mentalmente senza avere fatto nessuna esperienza pratica simile ha pochissima influenza sull’apprendimento.

Ma ci sono delle condizioni affinché l’allenamento ideomotorio sia veramente efficace e produttivo:

1. bisogna sapersi concentrare

2. bisogna avere una certa esperienza motoria realmente vissuta (anche di diverso genere rispetto al

gesto da apprendere ma che abbia un carattere di similitudine – es. bracciata nel nuoto azione del braccio nella schiacciata di pallavolo)

3. la visualizzazione deve essere molto vivida cioè ricchissima di sensazioni non solo visive ma anche muscolo-articolari, uditive, tattili, organiche (interiorizzazione).

4. Ci deve essere ripetizione.

Infatti la capacità di “lavorare con le immagini della mente” richiede una certa capacità di saper dirigere l’attenzione e non farla fuggire in pensieri secondari e non necessari. Inoltre non si può imparare una cosa se non si ha fatto mai movimento giacché la visualizzazione sarebbe molto povera di sensazioni specifiche (scarsa sensibilizzazione) e quindi l’allenamento ideomotorio non funzionerebbe. Inoltre la visualizzazione deve essere molto ricca di particolari (interiorizzazione) altrimenti sarebbe troppo superficiale e non innescherebbe quei passaggi neuronali necessari a determinare l’apprendimento. La ripetizione ha parimenti importanza: non si può visualizzare una certa cosa una volta ogni tanto e pretendere di imparare! I sentieri neuronali si allargano man mano che si continuano a calpestarli.

La visualizzazione non è la ripetizione di parole o frasi, ma è l’utilizzo di rappresentazioni mentali; non deve essere rapida e superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida.

L’evoluzione dell’uomo dal regno animale è dovuta proprio a questa capacità della razza umana di lavorare con le immagini 2. Capacità determinata dallo sviluppo del sistema nervoso centrale, e in particolare della corteccia cerebrale frontale, la dove ha sede l’attività immaginativa. Le capacità intellettive dell’uomo hanno determinato la possibilità di modificare l’ambiente in cui vive anziché subirlo, costruendo attrezzi e oggetti. Tale possibilità si deve al fatto che l’uomo costruisce nella propria mente prima che materialmente. È la facoltà di anticipare le azioni e dunque di programmare che determina le facoltà operatorie mentali che sottendono la capacità di progettare prima ancora che costruire oggetti. Tutto ciò è permesso anche dalla grande sensibilità e operatività della mano, che si è liberata dal dover essere una “zampa” necessaria per appendersi, quando l’ambiente è mutato da foresta a savana costringendo i nostri progenitori primati a scendere dagli alberi e a conquistare la stazione eretta e il cammino. La grande possibilità manipolativa della mano ha permesso ai nostri progenitori di costruire con le mani e nel contempo a sviluppare le nostre facoltà intellettive, determinando appunto la capacità di immaginare azioni prima di compierle secondo uno schema di pensiero ipotetico-deduttivo (“Se faccio così forse posso ottenere questo risultato”) che caratterizza le azioni di causa-effetto e obiettivo-mezzo per ottenerlo. Ripassarsi mentalmente il gesto nei momenti di pausa, di riposo anche lontano dall’allenamento e più volte al giorno è comunque allenante quasi quanto la pratica vera e propria.

 La visualizzazione è dunque uno strumento potente

Riassumendo affinché il tuo mental training funzioni devi: ripetere la visualizzazione più volte possibile; ogni volta che la ripeti è come se ti allenassi veramente. Stimolare il cervello a ripetere tante volte la visualizzazione di azioni/pensieri o tecniche da affinare, ogni qualvolta ti è possibile. visualizzare in modo approfondito, completo e concentrato. La visualizzazione non deve essere rapida e superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida.