IL COUNSELLING SISTEMICO RELAZIONALE

emilio_espositoa cura del prof. Emilio Esposito

Un nuovo servizio di aiuto alle persone

Abstract :

A cura del Prof. Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e sezione Carceraria/ Formatore Area delle Professioni Sociali/ Formed – VdS C.R.I. / Consulente per il Terzo Settore (Welfare) /Componente Centro Studi e Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino.   Servitore Insegnante Scuola Alcologica Territoriale – AICAT/ARCAT/APCAT/ Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa distretto 67-/ Responsabile Sportello Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività Sociali).Esperto in Biodiscipline e Bioenergetica/Libero Docente UTE/ Università per la Terza Età. Counselor.Esperto in Logoterapia.

 

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Il counselling è un’attività professionale che si propone di aiutare le persone a trovare soluzioni pratiche ai loro problemi di tipo esistenziale, comunicativo-relazionale. Costituisce  un valido strumento per aiutare a portare chiarezza nella definizione di problemi specifici, a prendere decisioni, ad affrontare momenti di crisi, a confrontarsi con i propri sentimenti ed i propri conflitti interiori o a migliorare le relazioni con gli altri nel rispetto dei valori, delle risorse personali e della capacità di autodeterminazione di ognuno.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità descrive  il Counselling come:

“un processo che, attraverso il dialogo e l’interazione, aiuta le persone a risolvere e gestire problemi e a prendere decisioni; coinvolge un cliente e un counsellor: il primo è un soggetto che sente il bisogno di essere aiutato, il secondo è una persona esperta, imparziale, non legata al cliente, addestrata all’ascolto, al supporto e alla guida”.

Il counselling non è psicologia e non è psicoterapia, come  psicologia e psicoterapia non sono counselling. Si tratta di discipline autonome e diverse, con diversi ambiti di competenza.

Il counselling è una relazione d’aiuto e di orientamento che si occupa in prevalenza di problemi interpersonali o sociali della persona, limitati e specifici all’area di conflitto che li ha evidenziati e scatenati (ad esempio: una malattia o un lutto, una separazione, una situazione lavorativa difficile, ecc.). E’ una risposta ai bisogni che emergono dalle difficoltà del vivere sociale e relazionale, dall’esposizione alla confusione di obiettivi e ad un diffuso senso di insicurezza che connotano la contemporaneità.

Vivere nella complessità è come muoversi all’interno di dilemmi. Si può osservare, ad esempio, la progressiva usura dei legami sociali, l’impoverimento dei valori condivisi e l’innalzamento del livello di conflittualità, di diffidenza, se non di vera e propria violenza, coesistere con il riemergere di un bisogno diffuso di relazione che per trovare risposte positive  necessiterebbe di competenze comunicative la cui penuria è testimoniata proprio dalla esilità  del tessuto  sociale  e così via.

Sono allora individui, gruppi ed organizzazioni, indistintamente, ad avere necessità degli strumenti del counselling per ridefinire i propri confini identitari ed impostare strategie adattive efficaci e funzionali. Il counselling rappresenta la risposta a tale richiesta, non solo d’aiuto, ma anche di  conoscenza, consapevolezza e guida nella rete degli eventi in cui si vive.  E’ un compito impegnativo proprio perché si entra nelle maglie della vita “normale” per  aiutare l’altro nella ricerca del suo senso di esistenza.

La cultura del counselling è uno strumento fondamentale per promuovere una vera e propria “ecologia dei rapporti interpersonali”. Anche il concetto di “empowerment” appartiene a questo orizzonte di significati e si riferisce alla progressiva acquisizione di capacità e competenze indispensabili per agire positivamente nel mondo, affermando il proprio diritto ad essere protagonisti del cambiamento. Non stupisce, allora, che il counseling concorra con il suo specifico contributo alla creazione di legami sociali fondati sul rispetto reciproco, sulla solidarietà e sul dialogo.

LA CORNICE TEORICA SISTEMICO RELAZIONALE

Il counselling nasce come approccio centrato sulla persona, che si traduce, in termini operativi, nella capacità di ascoltare il richiedente con un atteggiamento empatico e adottando uno stile non direttivo nella conduzione del colloquio. Il counselling sistemico relazionale, senza nulla togliere all’importanza dell’ascolto, pone  la propria attenzione sul ruolo centrale della domanda e sul suo potenziale chiarificatorio  e di sviluppo,  e consegna al counsellor un ruolo attivo.  Quest’ultimo,  cerca di fondere sapientemente la capacità di ascoltare e di domandare per creare uno strumento d’aiuto elegante, completo e molto versatile.

Il counsellor sistemico-relazionale, tanto nel colloquio con una singola persona che con una famiglia o un gruppo, coniuga l’attenzione al mondo interno del richiedente con l’interesse per la sua rete di relazioni significative, per giungere ad una sintesi che valorizza il ruolo attivo del richiedente stesso nella sua costruzione del mondo e dei suoi significati.

Un punto fondamentale del pensiero sistemico relazionale, nella definizione della interazione tra organismo ed ambiente, è l’idea di coevoluzione, sarebbe a dire che gli organismi non subiscono l’ambiente ma lo creano e lo definiscono; infatti, un ambiente non può esistere in assenza di organismi e sono gli organismi che attraverso la loro azione lo costruiscono e ricostruiscono, e ne determinano la natura.

Rispetto al concetto tradizionale di evoluzione che si basa sul presupposto che ogni organismo possa progredire in proporzione alle sue capacità di affrontare e risolvere i problemi posti dall’ambiente, il concetto di coevoluzione rovescia la prospettiva.

Nell’ottica sistemico relazionale le persone non sono viste come “vittime” e nemmeno come “carnefici” ma come attori che possono contribuire a costruire intorno a se  l’ambiente  in cui vivere e possono renderlo più ospitale generando un clima relazionale positivo e nutriente.

Nella relazione d’aiuto la dimensione coevolutiva si attualizza nella narrazione della storia del richiedente, che parte da una difficoltà e giunge alla definizione di nuove possibilità di sviluppo per l’individuo, il sistema e l’ambiente. Il counsellor entrando a far parte di sistemi narranti, con i quali interagisce grazie al mandato del richiedente, può introdurre nella narrazione qualche differenza, generando modi diversi ed originali di coordinare le voci, nella ricerca di un’armonia che non modifica eventi e trama della narrazione, ma ne cambia la tonalità ( significati ed emozioni), portando in evidenza nuove possibilità fino ad allora non considerate o non considerabili.

OBIETTIVI E STRUMENTI DEL COUNSELLING SISTEMICO RELAZIONALE

L’obiettivo generale (scopo) del counselling è far sì che l’individuo riesca a potenziare le proprie risorse e a creare le condizioni relazionali ed ambientali che contribuiscano al suo benessere;

favorisce la presa di coscienza dei meccanismi interiori che spesso spingono a comportamenti ripetitivi negativi, a processi di blocco, di evitamento, d’ansia e di conflitto; non mira solo a cercare l’origine delle difficoltà ma anche a far sperimentare al cliente nuove soluzioni, a stimolare un approccio creativo fra persona e ambiente.

Gli ambiti applicativi del counselling sono sostanzialmente:  prevenzione, sviluppo, sostegno e attivazione di risorse umane. Si rivolge sia all’area dell’agio (promozione della salute e del benessere)  che all’area del disagio ( prevenzione  e relazione d’aiuto).

Da un punto di vista metodologico il counselling è  un intervento professionale breve, articolato in un numero limitato  di colloqui.

Il counsellor in primo luogo cerca, mediante l’ascolto attivo e la formulazione di domande, di comprendere la natura del problema, le esigenze delle persone in esso coinvolte e le caratteristiche dell’ambiente socioculturale in cui esse vivono; una volta compresi i termini del problema punta a facilitarne la soluzione, senza fornire soluzioni preconfezionate dall’alto” bensì stimolando nei richiedenti quelle capacità di autoconsapevolezza, reframing (reincorniciatura), di creatività e di autodeterminazione necessarie per organizzare al meglio le risorse utili  a  pervenire il più possibile autonomamente alle  soluzioni.

L’arte relazionale del counselling si fonda sull’abilità di offrire una forte presenza attiva “esserci consapevolmente” per entrare in contatto con il problema dell’altro, con il suo travaglio decisionale, con la sua sofferenza e/o il suo disagio emotivo, con il suo approccio rispetto al cambiamento, ed è caratterizzato dall’utilizzo da parte del counsellor di qualità personali, di conoscenze specifiche, nonché, di abilità e strategie comunicative e relazionali finalizzate all’attivazione e alla riorganizzazione delle risorse personali delle persone al fine di rendere possibili scelte e cambiamenti in situazioni percepite come difficili dalle persone stesse, nel pieno rispetto dei loro valori e delle loro capacità di autodeterminazione.

Si prefigge di creare una cornice sicura ed accogliente entro la quale la persona possa sentirsi accolta,  contenuta e libera di esprimersi, così  da facilitare l’attivazione delle sue risorse intellettive ed emotive insieme alla sua capacità di cambiamento e di adattamento creativo.

In altri termini gli strumenti del counselling permettono di costruire l’intervento “su misura” per ciascun richiedente, rifuggendo da ogni “standardizzazione”.

Ricordiamo infatti che un buon counsellor, durante l’intero percorso di aiuto:

1) promuove nel richiedente la presa di decisione responsabile rispetto ai propri obiettivi di vita e lo incita a misurare gli effetti delle proprie azioni sull’ambiente circostante;

2) permette all’interlocutore di esplorare le proprie risorse all’interno di una relazione protetta e affettivamente investita;

3) crea, praticando l’ascolto attivo, un vuoto fertile per far emergere emozioni e sensazioni corporee nel cliente e lo invita poi a riconoscerle come proprie.

 

 

APPLICAZIONI DEL COUNSELLING SISTEMICO RELAZIONALE

 

 

 

  • COUNSELLING ALLA PERSONA

Il counselling, in quanto intervento di sviluppo, è la risposta più adeguata quando la domanda d’aiuto è volta  ad affrontare e superare passaggi difficili che fanno parte “della normalità” della vita. Risponde a condizioni di disagio che, per definizione, sono non patologiche  e di conseguenza non richiedono interventi di cura, ma l’attivazione o l’amplificazione delle risorse utili per favorire l’evoluzione e lo sviluppo della persona e del sistema. Il counselling permette d’affrontare in un contesto non patologizzante situazioni che patologiche non  sono, evitando così d’insinuare nel cliente l’idea della presenza di un disturbo o di una malattia con i conseguenti effetti iatrogeni sulla persona e sul sistema.

I sistemi umani evolvono attraverso il cambiamento, basti pensare alle fasi di sviluppo che scandiscono il ciclo di vita delle persone o delle famiglie e alle differenze nei rispettivi compiti evolutivi, ma cambiare in modo efficace è cosa non banale e richiede la messa in campo di risorse ampie e di varia natura che non tutte le volte è possibile trovare da soli.

Il counselling è mirato all’esplorazione e alla chiarificazione sia delle possibilità che dei vincoli del richiedente, a rinforzare l’autonomia e a scoraggiare  la formazione di qualunque rapporto di dipendenza. Il counselling, infatti, promuove l’ “empowerment” dei richiedenti ossia:

la progressiva acquisizione di capacità e competenze indispensabili per agire positivamente nel mondo, affermando il proprio diritto ad essere protagonisti del cambiamento.

L’esperienza del conflitto, del dilemma e delle difficoltà nei rapporti con altre persone, nella vita privata o in quella lavorativa, in una certa misura appartiene alla normalità della vita ma non per questo è sempre possibile trovare da soli, dentro di sé o nelle persone vicine, gli strumenti necessari per fronteggiare le situazioni  in modo efficace.

L’intervento di counselling aiuta a trovare le risposte più adeguate alle situazioni che, nel “qui ed ora”, si devono affrontare, come, ad esempio, quando occorre:

    • Fronteggiare una situazione difficile, ricostruire emozioni e progettare il futuro dopo un evento traumatico.
    • Orientarsi in una scelta, prendere una decisione consapevole.
    • Superare difficoltà comunicative, gestire situazioni conflittuali, affrontare lo stress.
    • Affrontare difficoltà lavorative (mobbing, molestie, scarsa collaborazione dei colleghi, conflitti con i superiori etc.),  oppure la perdita di un lavoro.
    • Affrontare conflitti, incomprensioni e crisi nei rapporti di coppia, coniugali o familiari.
    • Affrontare un lutto o la rottura di legami importanti che possono scombussolare un normale ritmo di  vita.
    • Affrontare le conseguenze di  una malattia, di un incidente,  di una disabilità.
  • Affrontare un cambiamento improvviso e/o imprevisto. Riesaminare una situazione complessa, ridefinire esigenze ed attese.

 

 

  1. COUNSELLING SCOLASTICO

La pratica del “counselling scolastico”, il cui fine è quello di sviluppare un’adeguata capacità comunicativa e di favorire relazioni positive ed efficaci tra studenti, insegnanti, genitori ed altre figure educative o professionali, si colloca in una visione della scuola come agenzia formativa che si occupa della crescita complessiva della personalità degli allievi e che fa proprie anche le attività di prevenzione del disagio e di promozione del benessere.

L’intervento di counselling si struttura come relazione di aiuto non direttiva, fondata su un ascolto attivo ed empatico che, in un clima di attenzione e di rispetto, pone al centro la “persona”  vista all’interno del contesto d’appartenenza, con i suoi bisogni, e con le sue potenzialità di cambiamento. Scendendo più nel dettaglio, il counselling scolastico si prefigge il raggiungimento di alcuni obiettivi generali che sono:

1) Promuovere una cultura della prevenzione.

Cosa che implica come azione primaria il miglioramento della qualità della vita delle persone, sarebbe a dire: l’attivazione misure che modifichino in positivo i loro comportamenti e il loro stile di vita, la facilitazione di processi di crescita individuale e di gruppo da un punto di vista relazionale, la libera espressione emotiva e l’attenzione ai processi psicologici da un punto di vista comunicativo. Questo modo di lavorare può contribuire a contrastare e prevenire le varie forme di disagio giovanile, le difficoltà adolescenziali e i comportamenti a rischio come per esempio: anoressia, bulimia, disturbi dell’apprendimento, dispersione scolastica, stati depressivi, dipendenza da alcool, fumo, droghe.

2) Favorire il clima scolastico, cioè creare un clima di relazioni che favorisca la crescita personale e un sereno apprendimento dei ragazzi.

È importante per questo determinare un confronto positivo e aperto tra gli studenti e tra gli studenti e gli adulti, dove la comunicazione e la relazione siano basate sull’autenticità, il rispetto dell’altro, la responsabilità individuale e l’identificazione positiva. Bisogna riuscire a sviluppare nei ragazzi un senso d’appartenenza al proprio istituto e al gruppo classe, favorire la collaborazione e la solidarietà, promuovere sentimenti di accettazione e di riconoscimento reciproco, educare all’autostima e alla valorizzazione personale, al lavoro di gruppo, offrire modelli positivi e stimolare abilità pro-sociali.

Riuscire a potenziare questi rapporti psicologici e sociali, può avere una importante funzione preventiva e contenere o ridurre stati di disagio individuale, spesso legati a povertà relazionali, ambientali ed affettive.

3) Diffusione di una sensibilità psicologica.

Un counsellor nella scuola non deve offrire solo colloqui o consulenze specialistiche, ma lavorare anche per favorire in chi opera nella scuola, studenti, insegnanti, personale non docente, famiglie, la conoscenza dei processi dell’età evolutiva, la costruzione di relazioni significative, lo sviluppo di competenze relazionali e l’utilizzo di tecniche comunicative. Tutto questo in modo da far sì che l’ambiente scolastico sia un contesto educativo e di apprendimento, basato sui processi di crescita a tutto tondo degli studenti.

4) Diffusione di una cultura della comunicazione efficace.

Fondamentale per ogni forma di counselling scolastico è la comunicazione che si attiva su due livelli: l’informazione e la relazione.    Per quanto riguarda l’informazione, il modo in cui si trasmettono i contenuti ha una notevole influenza sull’esito prodotto, il “come” influenza il “che cosa”. Il ricorso a modalità comunicative efficaci  favorisce la corretta trasmissione d’informazioni e scoraggia nei ragazzi l’assunzione di atteggiamenti di disinteresse, sfida o rifiuto.

Anche la relazione è influenzata dalla comunicazione e da processi cognitivi ed affettivi ad essa collegati. Una buona comunicazione è uno strumento preziosissimo per favorire la costruzione di relazioni positive a beneficio della qualità dei comportamenti, dei rapporti interpersonali e dell’apprendimento.

Il raggiungimento di tutti questi obiettivi si ottiene attraverso l’utilizzazione di metodologie di intervento che si occupano dei processi comunicativi, della relazione con l’ambiente, dell’interazione tra individui in un contesto specifico.  Queste modalità richiedono coinvolgimento, confronto, discussione critica centrando l’attenzione sulla soggettività e sul potenziamento personale e di gruppo, nonché  la costruzione di una rete di collaborazioni tra i dirigenti scolastici, i docenti, gli alunni e le famiglie.

Counselling agli insegnanti

Il nodo cruciale della funzione docente sta nella relazione, infatti, è all’interno di essa che l’insegnante ha la possibilità di creare un contatto emotivamente significativo che, motivando l’alunno attraverso un coinvolgimento personale, consente la trasmissione di conoscenze e l’acquisizione di competenze durature. Attraverso una relazione positiva l’insegnante aiuta gli alunni nella costruzione di una identità consapevole di sé, dei propri limiti e dell’arricchimento che deriva dal confronto con l’altro; compito questo  non banale che può essere ulteriormente complicato dall’interazione con  alunni che proiettano sui docenti modelli relazionali disfunzionali appresi all’esterno della scuola. Dove la relazione allievo-insegnante è bloccata spesso nasce un circolo vizioso che conduce al fallimento sicuro dello scopo didattico con le conseguenti ripercussioni a livello emotivo sia per gli allievi che per gli insegnanti.

È importante per gli insegnanti saper ascoltare senza emettere giudizi, non fornire soluzioni affrettate, non supportare affettivamente più del dovuto e riuscire a capire quanto è “il dovuto”; tutti questi sono compiti difficili e di grande responsabilità che spesso comportano situazioni difficilmente gestibili senza un aiuto esperto, tanto più se si considera che l’insegnante si trova ad interagire non solo con gli alunni, ma con tutta una serie di soggetti diversi come i colleghi, le famiglie, la dirigenza scolastica.

Per quanto riguarda il rapporto con i colleghi c’è da dire che le innovazioni in ambito didattico e le disposizioni ministeriali richiedono di lavorare in equipe, sia per la progettazione che per la realizzazione di interventi didattici. Per questo tipo di lavoro requisiti indispensabili sono l’ascolto e la capacità di confrontarsi serenamente con l’altro senza rigidità, ma anche senza eccessive sottomissioni.

Nel rapporto con le famiglie, se si vuole davvero usufruire del notevole contributo che queste ultime possono fornire alla vita scolastica, l’insegnante dovrebbe riuscire a stimolare le risorse, coinvolgendole nella progettazione del percorso formativo dei propri figli. Questo è spesso un compito ingrato ma inevitabile che richiede notevoli competenze relazionali, capacità di comprendere e di farsi comprendere, di rispettare e di farsi rispettare.

Non ultimo  l’insegnante  deve riuscire anche ad instaurare con la dirigenza scolastica una relazione che agevoli un confronto costante e aperto verso il conseguimento di obiettivi comuni, ma permetta anche di gestire nel modo più produttivo e meno stressante eventuali conflitti.

Per tutto quello che è stato detto fino ad ora possiamo capire come l’attività docente sia esposta più di altre al rischio di quel complesso processo definito burn-out, caratterizzato da un vissuto di impotenza, demotivazione, perdita di interesse per la propria professione e spesso da difficoltà di interazione con i colleghi e con l’ambiente istituzionale.

E’ in questa ottica che il counseling si offre come strumento operativo per il docente, ma anche come esperienza personale dell’essere ascoltati e compresi nella difficilissima arte di insegnare.

Counselling e ragazzi

Attualmente nelle nostre scuole il counselling con i ragazzi affronta soprattutto problemi personali che riguardano la vita in famiglia o i rapporti sentimentali o di amicizia, ma anche le difficoltà nel rapporto con lo studio e la scuola, considerate però più come carenze personali che istituzionali.

Nelle scuole dove sono stati aperti sportelli di counselling ponendo l’accento sulla natura non diagnostico-terapeutica dell’intervento di counselling,  la domanda da parte degli studenti è stata elevata. Le motivazioni al colloquio sono varie, c’è chi lo richiede per semplice curiosità per vedere di che cosa si tratta e come si svolge un incontro con un counsellor, e chi perché è sopraffatto dall’ansia o pensa di essere affetto da gravi disturbi. Per altri ancora la richiesta riguarda una specie di verifica del proprio stato mentale, per capire una parte di sé o un momento della propria crescita mentale. La richiesta di aiuto può essere legata anche a difficoltà nei rapporti con i pari, a problemi di socializzazione, umiliazione a parlare in classe di fronte agli insegnanti o ai compagni, oppure possono essere gli insegnanti che, di fronte ad una difficoltà, consigliano allo studente di parlarne con qualcuno in grado di aiutarlo a chiarirsi le idee.

Nell’adolescenza i ragazzi si trovano a doversi relazionare con mondi diversi come la famiglia, gli amici, il corpo, la scuola, le relazioni sentimentali e sessuali. In questa fase la loro personalità non è ancora sufficientemente individuata per riuscire a vivere e gestire i propri conflitti.

Questo fa sì che quando i ragazzi arrivano a chiedere aiuto, lo fanno raccontando i problemi come li vivono dal loro punto di vista, raccontando soprattutto gli effetti di queste difficoltà, per esempio: “non ho voglia di studiare”, o “non riesco a stare attento”, lasciando in secondo piano i vissuti personali.  In questi casi il counselling può contribuire a far emergere una consapevolezza iniziale delle difficoltà.

 

 

  • COUNSELLING DELL’ETA’ EVOLUTIVA

Quando un bambino sta male, l’intera famiglia soffre e questo può generare un circolo vizioso. Essere genitori non è facile e talvolta anche utilizzando tutte le risorse disponibili non si riesce a trovare la soluzione efficace e questo determina un senso d’impotenza e frustrazione e un’immagine negativa di sé. A volte un piccolo problema trascurato può ingigantirsi, diventare serio e danneggiare le relazioni dell’intera famiglia.  Occorre un aiuto  e il counselling è lo strumento principe per affrontare e superare situazioni di disagio.

Si tratta di un intervento professionale breve, basato su un numero limitato di colloqui tra il counsellor e la famiglia, finalizzato ad aiutare il  bambino a superare un aspetto difficile del suo processo di crescita e la sua  famiglia, intesa come ambiente relazionale in cui quel disagio si è manifestato,  a produrre i cambiamenti utili a favorire il superamento del problema, per trovare un equilibrio più soddisfacente, nuove possibilità di relazione, un nuovo modo di stare tra genitori e  figli che porti ad una condizione di rinnovato benessere e di vitalità.

Counselling è il nome dell’intervento d’aiuto che si applica in situazioni di disagio e di malessere, a volte momentanee, a volte più stabili e strutturate, che non si   configurano come patologia.

Quando si può parlare di disagio

Situazioni di disagio del bambino sono problemi che si manifestano all’interno di un quadro generale di buona funzionalità. Può esserci un bambino intelligente con buone capacità d’apprendimento, interessato alla vita scolastica e alle sue proposte, ma che inspiegabilmente presenta difficoltà ad accettare le regole e manifesta reazioni oppositive.

Può esserci un bambino la cui crescita è stata fino a quel momento soddisfacente da tutti i punti di vista che comincia a  mostrare comportamenti di chiusura e disinteresse nei confronti delle attività scolastiche, oppure che fa fatica con la lettura o la scrittura. Bambini che, nella stessa situazione di buone potenzialità, cominciano a dire bugie, a nascondere qualcosa ai genitori, oppure ad isolarsi, a manifestare difficoltà nell’espressione delle proprie potenzialità.

Sono situazioni non patologiche che, tuttavia, compromettono la qualità della vita.

Come interviene il counsellig

Il counsellor, nel colloquio, si pone come persona allo stesso tempo interna ed esterna alla famiglia. Come interno crea empatia e accoglienza, come esterno favorisce l’emergere di nuovi significati e di nuove definizioni. Lo scopo è produrre un processo virtuoso: il cambiamento del genitore favorisce il cambiamento del bambino, il cambiamento del bambino rinforza e sostiene il cambiamento del genitore. I genitori modificano il loro contesto relazionale e creano un clima diverso nel quale il bambino può attivare nuove risorse.

  1. IL COUNSELLING ALLA FAMIGLIA

La vita di una famiglia attraversa diverse fasi evolutive, ciascuna delle quali richiede differenti abilità e la capacità di cercare e di realizzare  nuovi equilibri e nuove modalità di  comunicazione e relazione. Basta pensare  a quello che succede in una famiglia alla  nascita dei figli e durante la loro crescita, soprattutto nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

In queste fasi di cambiamento capita spesso che i genitori percepiscano il loro compito più impegnativo e che trovino  maggiori difficoltà nel comunicare fra loro e con i figli, nel gestire i conflitti che possono emergere e nel trovare un’intesa soddisfacente.

Cambiare nella giusta direzione è un compito molto difficile da attuare e se qualcosa non funziona  si genera disagio, malessere, sofferenza, senso d’impotenza, scoraggiamento e frustrazione che possono danneggiare severamente la qualità della vita all’interno della famiglia.

Il disagio, il malessere, le situazioni di sofferenza a volte esprimono  un’esigenza di cambiamento, di rinnovamento; le trasformazioni che avvengono alla nascita e durante la crescita dei figli, soprattutto nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, coinvolgono la famiglia nella ricerca di nuovi equilibri e nuove modalità di  comunicazione e relazione.

In queste fasi di cambiamento capita spesso che i genitori percepiscano il loro compito più impegnativo e trovino a volte notevoli difficoltà nel comunicare fra loro e/o con i figli, nel gestire i conflitti che possono emergere e nel trovare, in generale, una buona intesa.

Può accadere anche che uno dei membri della famiglia possa soffrire, più degli altri, di una determinata situazione di crisi, determinando una relazione, in alcuni momenti, molto conflittuale.

La famiglia si può sentire in questo caso impotente, scoraggiata e frustrata.

Riuscire a chiedere un sostegno che coinvolge tutta la famiglia, favorisce la possibilità di ristabilire uno sviluppo armonico delle relazioni familiari (della coppia e dei rapporti fra genitori e genitori e figli). L’intervento di counselling rivolto alle famiglie inoltre può essere necessario per  potenziare e rafforzare relazioni, legami familiari e rapporti sociali e/o per mobilitare le risorse emotive disponibili al fine di comprendere e superare eventuali situazioni di disagio, conflitto e incomprensione per favorire i cambiamenti necessari alla nascita di un nuovo e più soddisfacente equilibrio, di nuove possibilità di relazione e  di una condizione di rinnovato benessere e vitalità. Aiuta  a  comprendere in modo chiaro le dinamiche relazionali ed emozionali nella famiglia e a favorire la costruzione di un clima sereno in cui ciascuno possa esprimersi nel modo più completo e appagante.

L’intervento di counselling può servire quando  ci sono:

  • difficoltà di comunicazione

comunicazione non soddisfacente, inadeguata e fonte di conflitti e tensioni rispetto all’armonia del gruppo famiglia;

  • crisi della relazione tra partner

difficoltà del rapporto di coppia oppure tra coniugalità e genitorialità, che viene percepito da uno o entrambi i partner come non più rispondente alle esigenze ed aspettative personali;

  • conflitti familiari e intergenerazionali

difficoltà nelle relazioni familiari, tra i partner, tra i partner e le rispettive famiglie di origine, tra genitori e figli;

  • desiderio di miglioramento delle relazioni familiari

favorire e potenziare le risorse della famiglia a favore dell’adeguata evoluzione delle persone che la   compongono; favorire in uno o più membri del gruppo familiare un’equilibrata ed armonica espressione   della propria identità comunicativa, una gestione più soddisfacente della vita affettiva e delle relazioni interpersonali, nonché favorire un’adeguata gestione dell’emotività e delle pulsioni istintuali reattive;

  • sostegno ai processi decisionali

aiuto a prendere decisioni e sostegno nei momenti di svolta dei cicli evolutivi familiari, oppure quando si devono affrontare malattie gravi, lutti, abbandoni, svincoli dalla famiglia d’origine, scelte scolastiche e di lavoro.