SIMBOLI STANDARD E CREATIVITÀ
ricerca a cura del prof. emilio esposito Abstract : A cura del Prof. Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e sezione Carceraria/ Formatore Area delle Professioni Sociali/ Formed – VdS C.R.I. / Consulente per il Terzo Settore (Welfare) /Componente Centro Studi e Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino. Servitore Insegnante Scuola Alcologica Territoriale – AICAT/ARCAT/APCAT/ Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa distretto 67-/ Responsabile Sportello Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività Sociali).Esperto in Biodiscipline e Bioenergetica/Libero Docente UTE/ Università per la Terza Età. Counselor.Esperto in Logoterapia.
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Classicamente esiste una serie di simboli standard per rappresentare negli alberi genealogici e nei genogrammi i legami di parentela e i principali eventi del ciclo di vita; sulla maggior parte di essi si riscontra concordanza a livello mondiale, e questo rende di immediata lettura gli schemi anche in ambiti molto distanti tra loro. Quello che in pratica si fa è costruire graficamente l’albero genealogico del soggetto in questione, risalendo di almeno tre generazioni quando possibile, facendo segnare anche le persone significative ma esterne alla famiglia, i cosiddetti “membri parafamiliari”; vicino ad ogni simbolo vengono segnate le informazioni che sono ritenute utili in quel contesto, come per esempio età delle persone, lavoro, luogo di residenza, eventi di vita significativi, ….
In campo psicologico – clinico sono state aggiunte delle convenzioni per rappresentare la qualità dei legami, l’intensità o l’eventuale peculiarità di una relazione (per es: relazione abusante, violenta, stressante,….). Di seguito vengono presentati i simboli standard comunemente utilizzati.
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SIMBOLI STANDARD:
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Tuttavia, oltre a questi simboli standard, che sono quasi del tutto comuni, ve ne sono altri che vanno a rappresentare la qualità delle relazioni; tale rappresentazione dei legami presenta maggiore variabilità, a sostegno dell’esigenza di utilizzare qualcosa che descriva in modo significativo la specificità di una famiglia.
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SIMBOLI PER LE RELAZIONI: |
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Certamente deve trattarsi di un procedimento complesso la creazione di simboli che siano universalmente riconosciuti e, allo stesso tempo, significativi per differenti realtà.
Su questo punto quindi, dopo aver riportato i simboli e le regole che vengono indicate generalmente per compilare il genogramma, ci siamo interrogate su quanto sia utile e funzionale definire a priori la modalità con cui il soggetto deve indicare un certo tipo di legame o quanto, invece, possa essere una scelta migliore quella di lasciare alla creatività della persona la libertà di rappresentare la sua percezione della propria storia familiare. Come già accennato in precedenza – da un punto di vista sistemico in cui la teoria non diventa una “camicia di forza” (Cecchin, seminario 2001) – crediamo sia necessario usare con molta cautela questa parte di simboli per diversi motivi: definire una relazione conflittuale, oppure “fusionale” non necessariamente ci è utile per capire come funziona una famiglia, quali patterns tengono insieme i membri e con quale scopo; la stessa rappresentazione grafica, pur essendo lo spunto per nuove ipotesi, pone contemporaneamente dei limiti “visivi” alla costruzione del significato delle relazioni o dell’organizzazione di un sistema, nel momento in cui un elemento del disegno non può essere collegato a tutti gli altri. Per questi motivi, se il terapeuta decide di essere l’autore materiale del genogramma, non può non essere consapevole di porsi al di fuori del sistema, in una posizione di prima cibernetica; definire una relazione diventa una scelta, che non può esimersi dal chiedersi chi deve decidere come “etichettarla” per poi disegnarla (chi sta facendo il genogramma? il resto della famiglia? il terapeuta…?) e quali implicazioni essa comporta. Potrebbe essere più utile osservare come il soggetto, senza particolari istruzioni a questo riguardo, disegna i legami tra i familiari e le altre persone inserite nel suo genogramma, come evidenzia le distanze o le somiglianze, come fa emergere le particolaricaratteristiche delle relazioni che raffigura; il terapeuta inserito nel sistema, potrebbe, a sua volta intervenire con idee e ipotesi. Un’ulteriore possibilità che alcuni autori citano è quella di permettere al soggetto di usare diversi colori nella compilazione del genogramma, facendo emergere i criteri che guidano all’uso dei diversi colori; questa modalità può essere particolarmente utile quando si chiede di fare il genogramma ai bambini presenti in seduta: in questo caso, ovviamente, le regole devono essere ridotte al minimo e l’uso dei colori potrebbe far emergere le differenze utili agli altri membri della famiglia ed al terapeuta per seguire la narrazione. Ci sembra necessario affrontare anche un’altra questione, in questa parte del lavoro. Sempre più, col passare del tempo, ci si trova di fronte ad esempi molteplici di famiglie diverse da quella tradizionale, dalle famiglie ricostituite a quelle monoparentali, dalle coppie senza figli alle coppie omosessuali, oltre a famiglie che provengono da contesti geografici, culturali e religiosi differenti. Se intendiamo il genogramma come strumento flessibile e quindi consideriamo possibile lasciare la libertà ai soggetti di rappresentare la propria situazione, allora le difficoltà rispetto all’assenza di simboli specifici viene presto superata; se invece riteniamo che il genogramma debba essere in grado di raffigurare in modo sintetico, ma informativo, qualunque quadro relazionale, allora è necessario rivedere la simbologia già presente e creare simboli nuovi, necessari per completare le potenzialità dello strumento. I simboli stessi, tuttavia, nascono nella cultura di appartenenza e sono legati inscindibilmente e in modo ricorsivo, all’utilizzo che si fa del linguaggio che ancora definisce alcuni tipi di relazione parentale e non, come differenza dai legami “tradizionali”: per fare un esempio, se con famiglia ricomposta si definisce un’unione di due persone che hanno già avuto precedenti legami di coppia, per definire le relazioni tra una generazione e l’altra si usano termini come “matrigna”, “figliastro”, ecc… Ancora ci si deve interrogare rispetto all’utilità di avere chiara la finalità dell’uso del genogramma; l’indicazione, ad esempio, di particolari patologie o caratteristiche significative personali e relazionali è ben precisa quando viene utilizzato in campo medico, dove chi compila lo schema indica le eventuali malattie significative dei suoi parenti. Nel campo psicologico e clinico invece, l’epistemologia di chi conduce la terapia può portare a richieste differenti: a seconda dell’interesse del clinico, si può chiedere al soggetto di indicare particolari difficoltà psicologiche e relazionali dei vari membri indicati nel genogramma, oppure, nuovamente, si può lasciare libero il soggetto di indicare ciò che ritiene significativo senza particolari indicazioni in proposito. Alcuni autori fanno riferimento a specifici simboli da utilizzare per identificare il paziente designato di una famiglia, oppure per segnalare problemi di dipendenza da sostanze nei soggetti, o altri disturbi, ma noi riteniamo che possa essere sufficiente, quando ritenuto necessario e significativo, segnalare a fianco della persona in questione l’informazione (come del resto si fa per le altre informazioni di tipo socio- anagrafico). Durante la compilazione del genogramma può essere utile segnare i gruppi di persone accomunate da caratteristiche che possono essere importanti per la lettura delle relazioni e delle comunicazioni di quella famiglia, come per esempio le persone che vivono insieme oppure quelle che sembrano essere alleate o coalizzate; nel passare del tempo risulterà utile rivedere questi aspetti, modificarli se necessario e connetterli con le ipotesi del clinico. |